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Cause e sintomi del disturbo bipolare
Nell’accezione comune si identificano, con la definizione di disturbo bipolare, le persone che hanno una “doppia personalità”. In realtà, questo disturbo ha caratteristiche ben più delineate e si contraddistingue per sfumature che è bene conoscere, al fine di non invalidare l’estrema sofferenza che colpisce chi ne è affetto.
Comprendere cos’è il disturbo bipolare
Per iniziare a parlare di disturbo bipolare è necessario immaginare l’umore come una successione continua tra due poli: uno caratterizzato da estrema manifestazione di comportamenti euforici, e l’altro caratterizzato da un tono nettamente depressivo. Nella vita quotidiana, le oscillazioni tra questi poli sono continue e influiscono sul modo in cui interpretiamo cognitivamente gli eventi e attribuiamo a ognuno di essi una valenza affettiva di un certo tipo. Eppure, raramente tocchiamo uno dei poli, piuttosto ci avviciniamo ad essi in percentuali differenti, in base a diversi fattori di vita. Nel disturbo bipolare, invece, le oscillazioni agli estremi del continuum umorale sono frequenti, continue e prevedono rovinose ricadute sociali, poiché comportano una serie di cambiamenti nel modo di pensare, agire e relazionarsi dell’individuo.
Infatti, se le oscillazioni umorali hanno un ruolo adattivo, perché permettono all’individuo di modellare le proprie reazioni, adeguandole al contesto nel quale è immerso, nel disturbo bipolare, invece, questi meccanismi fisiologici sono alterati e i cambiamenti del tono dell’umore diventano patologici, perché caratterizzati da alcune peculiarità. Essi sono:
- imprevedibili, perché sono frequentemente fluttuanti, ma non vengono scatenati da evidenti fattori precipitanti;
- incontrollabili, in quanto gli individui mettono in atto delle risposte emozionali inappropriate rispetto all’evento che stanno vivendo, senza riuscire a operare alcun controllo;
- prolungati, le reazioni emotive sono inappropriate sia per intensità che per durata, perché si protraggono per un lungo periodo di tempo;
- estremi, poiché l’individuo esperisce i propri stati d’animo come settati sulle due polarità, quindi non vengono modulati;
- accompagnati da altri cambiamenti, cognitivi, comportamentali e biologici, che compromettono il funzionamento giornaliero individuale.
Quali sono le cause di un disturbo bipolare
Molto spesso, i soggetti che soffrono di bipolarismo hanno avuto episodi simili in famiglia: gli studi hanno confermato la presenza di una base ereditaria. L’alta percentuale di ereditabilità del disturbo bipolare tra familiari è stata confermata da vari studi: in particolare, sembrano influire specifiche regioni cromosomiche (17, 18, 21, 12, 4, 22, X); inoltre, alcuni polimorfismi genetici sembrano conferire a una certa suscettibilità di sviluppo del disturbo.
Negli ultimi anni, si stanno accumulando anche teorie neurobiologiche che considerano alla base del disturbo delle alterazioni chimiche e fisiologiche del cervello (in particolare, al livello di alcuni neurotrasmettitori: serotonina, dopamina e noradrenalina). Diversi studi suggeriscono anche l’esistenza di anomalie in regioni corticali e sottocorticali specifiche, che possono contribuire allo sviluppo del disturbo.
Inoltre, sembra che siano implicate alterazioni nei sistemi neuroendocrini, soprattutto nella zona dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, cioè quell’area del cervello che risponde alle situazioni stressanti, preparando l’organismo a rispondere adeguatamente e che, in caso di disturbo bipolare, fornisce una risposta disfunzionale: in particolare, sono emersi livelli molto alti di cortisolo, l’ormone dello stress. Inoltre, sono importantissimi i ritmi biologici: i disturbi dell’umore comportano sempre anomalie dei ritmi circadiani, modificando sonno e appetito.
Tralasciando invece i fattori genetici e neurologici, bisogna considerare anche i fattori di vita che possono incidere sull’insorgenza del disturbo: si tratta dei cosiddetti fattori trigger, cioè quelli in grado di scatenare il disturbo latente (la goccia che fa traboccare il vaso). Tra questi fattori, spiccano:
- stress;
- abuso di sostanze;
- assunzione di farmaci (es. antidepressivi);
- cambiamenti stagionali;
- mancanza di sonno.
Quali sono i sintomi (e le rispettive tipologie) di un disturbo bipolare
I sintomi maggiori del disturbo bipolare sono caratterizzati dai due stati umorali cardine: mania e depressione, che rappresentano due poli opposti di uno stesso continuum. Come già sottolineato, nel nostro vissuto quotidiano, oscilliamo tutti tra un polo e l’altro, a seconda degli stimoli che incontriamo e le sfide che stiamo affrontando: dunque, è possibile sentirsi più euforici o più tristi, con diverse intensità, ma solo nei casi patologici si ravvisa una totale polarizzazione (periodica) in questi due umori.
La mania consiste in un’elevazione del tono dell’umore, un’euforia incontrollabile accompagnata da una serie di caratteristiche: aumenta l’attività motoria (il soggetto non riesce a stare fermo a lungo, ha mimica e gestualità estremamente esagerate, spesso veste in modo eccentrico e bizzarro) e il dialogo si caratterizza per logorrea e tono di voce più alto; incrementano le attività lavorative e gli hobby, ma senza una finalità (quindi, le attività diventano disorganizzate e confuse, senza possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati). Inoltre, si accompagnano alterazioni nelle funzioni esecutive (in particolare, deficit di attenzione e concentrazione, che portano il soggetto a distrarsi in continuazione) e nel pensiero (che, nelle forme più gravi, prende la forma di veri e propri deliri).
Infine, la sintomatologia dello stato maniacale riguarda anche alterazioni del ciclo sonno-veglia: la durata del sonno diminuisce, mentre aumentano appetito e desiderio sessuale. Lo stato maniacale è però fortemente instabile, poiché spesso basta un evento esterno anche minimo per trasformarsi in una forte rabbia o tristezza, che dopo un breve lasso di tempo spariscono per lasciare nuovamente posto all’euforia. Questo stato umorale non è però privo di pericoli: i soggetti bipolari in fase maniacale mettono in atto comportamenti potenzialmente rischiosi, guidati dalla sensazione di invincibilità che li pervade.
Al contrario, lo stato depressivo nel disturbo bipolare si caratterizza maggiormente per un tono dell’umore basso. La depressione che colpisce i pazienti bipolari ha caratteristiche diverse dalle depressioni unipolari (che colpiscono invece i pazienti depressi): la vera differenza risiede nel fatto che la depressione bipolare presenta caratteristiche comportamentali più che cognitive. I pazienti bipolari nella fase depressiva esperiscono maggiormente un senso di apatia e anergia, che predomina sulla tristezza. Inoltre, spesso sono presenti l’inibizione psicomotoria e l’ipersonnia (opposta all’insonnia) accompagnate da restrizioni alimentari che possono portare allo sviluppo di anoressia. I sintomi depressivi, inoltre, sono associati a una significativa compromissione delle funzioni psicosociali. Tutto questo può farci ben intendere che i sintomi depressivi, al pari di quelli maniacali, sono fortemente disabilitanti per i pazienti bipolari.
Il DSM 5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) identifica sei forme differenti di disturbo bipolare:
- Disturbo Bipolare I
- Disturbo Bipolare II
- Disturbo Ciclotimico
- Disturbo Bipolare e disturbi correlati indotti da sostanze o farmaci
- Disturbo Bipolare e disturbi correlati a diversa condizione medica
- Disturbo Bipolare e disturbi correlati non specificati
Tipi di disturbi bipolari (1 e 2)
Le tipologie maggiormente invalidanti sono rappresentate dal Disturbo Bipolare di I e II tipo, che con il Disturbo Ciclotimico risultano essere le uniche categorie diagnostiche del Bipolarismo non indotte da fattori esterni all’individuo.
La grande differenza tra le due tipologie è nell’aspetto maniacale del disturbo. Infatti, il Disturbo Bipolare tipo I si caratterizza da un’alternanza ciclica di fasi depressive e fasi maniacali o dalla sola presenza di episodi maniacali ricorrenti. Il Disturbo Bipolare tipo II, invece, vede l’alternarsi di fasi depressive e ipomaniacali. Con ipomania si intende una modesta elevazione del tono umorale: uno stato di euforia meno intenso di quello maniacale, che si caratterizza per chiarezza e positività dei pensieri, accompagnata dall’incremento di energie e di attività, senza compromissione della funzionalità socio-lavorativa. Il paziente bipolare nella fase ipomaniacale è spesso distratto ma il suo giudizio di realtà non è del tutto compromesso; inoltre, vive spesso stati di disforia e irritabilità (soprattutto se viene contraddetto).
Generalmente i quadri ipomaniacali (definibili tali se persistono per almeno 4 giorni) sono sottostimati, spesso perché i sintomi sono vissuti come egosintonici, cioè in sintonia con il sé e non come sintomi destabilizzanti e di cui ci si vorrebbe sbarazzare: i pazienti raramente chiedono aiuto per questo incremento di produttività, poiché spesso essa si accompagna a sensazioni di efficienza e benessere; inoltre, questi pazienti sembrano dare scarso peso al cambiamento dei ritmi neurovegetativi e alle distorsioni cognitive.
In definitiva, possiamo dire che il Disturbo Bipolare II è meno invalidante, sebbene comporti comunque dei disagi significativi.
Come si cura il disturbo bipolare
Per la cura del disturbo bipolare è necessario coordinare il trattamento psicoterapeutico e quello farmacologico: infatti, l’utilizzo di farmaci è indispensabile per il trattamento di pazienti bipolari (soprattutto di tipo I). Il trattamento si serve principalmente di stabilizzanti del tono dell’umore, farmaci di elezione sia per le fasi acute che per le terapie di mantenimento (volte a evitare le ricadute).
Per il trattamento delle manifestazioni acute di mania, ha un ruolo di primaria importanza il litio, che però comporta frequentemente effetti collaterali (aumento di peso, manifestazioni cliniche a livello tiroideo, tremore). Per quanto riguarda la terapia psicoterapeutica, la maggior parte dei modelli risulta essere adatta alla cura del disturbo bipolare. Sicuramente, alla base del trattamento, è importantissimo un intervento psicoeducativo, cioè una strategia di intervento volta ad accrescere la consapevolezza del paziente circa le proprie manifestazioni cliniche: la scienza ha ampliamente dimostrato la forte correlazione tra la conoscenza che il paziente ha della propria malattia e un migliore decorso della stessa.
Inoltre, la psicoterapia del Disturbo Bipolare viene generalmente suddivisa in stadi, per contenere le fasi acute e poi mantenere in maniera stabile l’umore del paziente, aiutandolo a contenere eventuali crisi. In questo quadro, rientra anche una modulazione delle cattive abitudini di vita del paziente: l’alimentazione e il sonno sono fattori di primaria importanza nella cura del Disturbo Bipolare e un buon terapeuta dovrebbe insegnare al paziente come gestire anche questi aspetti della sua vita. In generale, l’obiettivo terapeutico finale sarà quello di ottenere il minor numero, la minor gravità e la minor durata di episodi affettivi, garantendo il ripristino di una buona situazione socio-lavorativa.
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Bibliografia
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Perdighe C., Gragnani A., Psicoterapia Cognitiva, Raffaello Cortina Editore, 2021.
Sitografia
https://www.grupposandonato.it/news/2022/giugno/disturbo-bipolare-sintomi-cause
https://apc.it/disturbi/adulto/disturbo-bipolare-disturbi-psicologici/disturbo-bipolare-cose-cause-sintomi/
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