Come affrontare nel migliore dei modi la fine di una relazione

Gestire la fine di una relazione e il periodo successivo vuol dire entrare in contatto con diverse emozioni, quali tristezza, paura, rabbia e disgusto. Vuol dire avere a che fare con un certo grado di sofferenza, la cui intensità varia a seconda del coinvolgimento, della durata e della consapevolezza rispetto al rapporto, e che può portare a reazioni e conseguenze diverse.

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Conseguenze psicologiche della fine di una relazione

Ogni volta che una relazione termina, ci si confronta con un evento altamente stressante. Nel 1967, Holmes e Rahe hanno ideato una classificazione degli eventi stressanti, e la separazione dal partner figura tra i primi gradini. Le conseguenze di un evento del genere dipendono in larga parte da come esso viene vissuto e gestito. Comunemente, la conclusione di una relazione sentimentale viene assimilata all’esperienza del lutto. Occorre, difatti, elaborare il lutto di un progetto, che si presupponeva fosse condiviso, accettare la perdita di abitudini, routine, amicizie connesse alla relazione, e fare i conti con il cambiamento di uno status. Si passa dall’essere in coppia all’essere single. Tale passaggio di vita richiede l’uso di diverse strategie per gestire le conseguenze a cui si può andare incontro quando una relazione finisce.

Uno studio (Kross et al., 2011), condotto dal Prof. Smith della Columbia University, ha messo in luce come il dolore per la fine di una relazione stimoli le stesse aree cerebrali deputate alla percezione del dolore fisico. Quanto evidenziato da tale studio fa comprendere che un evento di questa portata può generare una sofferenza psico-fisica.

Tra le conseguenze fisiche, è possibile elencare spossatezza, cambiamenti nell’appetito e nel peso e nel ciclo sonno/veglia, disturbi digestivi, aumento della pressione, interruzione del ciclo mestruale, problemi legati alla sfera della sessualità, caduta dei capelli, cefalee, abbassamento delle difese immunitarie, agitazione psicomotoria o movimenti rallentati.

Ansia e depressione sono alcune delle reazioni psicologiche che emergono con maggior frequenza in caso di separazione. Oltre a questo, spesso si possono riscontrare ruminazione, senso di impotenza, mancanza di interesse nelle attività quotidiane, abbassamento dell’autostima, del senso di autoefficacia, tendenza ad auto svalutarsi e a essere critici con sé stessi, mancanza di concentrazione, sensazione di solitudine. Alcune persone riportano di vivere sentimenti di distacco, la sensazione di non riuscire a provare emozioni positive, aumento del dolore, della rabbia e senso di vergogna.

La fine di una relazione tossica

Molte delle reazioni psicofisiche appena elencate sono spesso riportate da persone che hanno fatto i conti con la conclusione di una relazione. Tali conseguenze vengono riportate in maniera ancor più marcata dalle persone che hanno posto fine, o hanno subito la conclusione, di una relazione tossica.

Una relazione si può definire tossica quando il benessere dell’individuo è, in qualche modo, minacciato: emotivamente, psicologicamente e fisicamente. Segnali di trovarsi in una relazione tossica sono:

  • mancanza di supporto;
  • comunicazione disfunzionale;
  • invidia o gelosia;
  • comportamenti di controllo;
  • silenzio punitivo;
  • piccole bugie;
  • mancanza di rispetto;
  • comportamenti finanziari negativi;
  • stress costante.

Uscire da una relazione tossica richiede un forte senso di responsabilità verso sé stessi e una presa di cura di sé. Gestire la conclusione di un rapporto richiede impegno, ancor di più se la relazione era basata sulle caratteristiche appena descritte. I sentimenti di rabbia, impotenza, dolore e senso di solitudine possono essere molto forti e, per tale ragione, un valido sostegno psicologico può aiutare a gestire la situazione in modo più efficace.

Tenere il buono di ciò che è stato

Un elemento spesso riportato dalle persone che vivono la fine di una storia è la rabbia. Soprattutto nel periodo che segue la separazione, si passa molto tempo a ripensare a ciò che è accaduto nel corso del rapporto sentimentale, analizzandolo sotto una lente di negativa. Si tende ad avere uno sguardo totalizzante, che investe di rabbia tutto quello che si è vissuto con l’ex partner. In un primo momento, questa strategia è pratica e funzionale, poiché serve a gestire la fase di shock iniziale e a creare un primo distacco dalla situazione.

Tuttavia, con il passare del tempo, occorre osservare se si sta rimuginando, se si è entrati in un circolo vizioso in cui si pensa e ripensa ossessivamente a quanto accaduto. Questo processo, dedicare molto tempo a pensare, parlare, rivedere gli eventi del passato alla luce della rabbia sperimentata per la rottura, rischia di creare una escalation di sofferenza. Rimuginare diventa un’abitudine involontaria, automatica e ricorsiva; il pensiero non è più finalizzato a trovare soluzioni, non si concretizza in un’azione. È pensiero fine a sé stesso, che amplifica uno stato di malessere.

Un passaggio fondamentale è, dunque, diventare consapevoli: occorre prendere atto che la relazione è terminata, una consapevolezza che permette di iniziare ad alleviare il senso di rabbia e osservare con maggior distacco i fatti.

Rimanere ancorati alla rabbia che si può provare nei confronti dell’ex partner, infatti, rischia di annebbiare tutto ciò che la coppia ha condiviso. La fase della rabbia è tipica del primo periodo, in cui tale spinta aggressiva può anche essere funzionale per una reazione al trauma della separazione. In una fase successiva e più matura del distacco, però, è utile tornare a osservare il passato, prendendo atto delle criticità e degli aspetti buoni che ci sono stati nel rapporto, per avere uno sguardo complessivo della relazione.

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Come andare avanti e cosa fare

Prendere atto di quanto avvenuto nella relazione e del fatto che sia ormai conclusa rappresenta il primo passo per svincolarsi dal passato e recuperare una progettualità personale. In questa fase, è utile tornare a relazionarsi con sé stessi e con i propri bisogni. Una volta che si è gestita la fase iniziale, che si è sopravvissuti alla rabbia, al dolore, a pensieri e sensazioni negative, si può volgere la propria attenzione ad altro. In tal senso, è utile:

  • prestare attenzione all’alimentazione, poiché una dieta bilanciata ha effetti benefici sul fisico e permette di migliorare il tono dell’umore;
  • dedicarsi a un’attività fisica, altro elemento che permette di ritrovare un miglior equilibrio psicofisico e può creare occasione di socializzazione;
  • aver cura di mantenere un buon ritmo sonno-veglia, fondamentale per non incorrere in stati emotivi negativi;
  • dedicare tempo e attenzione a fare cose piacevoli, affinché si spossano sperimentare nuovamente sensazioni positive e gratificanti;
  • dedicarsi alla propria rete sociale, poiché dopo la fine di una relazione è possibile sperimentare la necessità di stare da soli, ma il ritiro sociale può essere dannoso se protratto nel tempo. Una strategia utile per gestire la conclusione di un rapporto è quella di recuperare o crearsi una valida rete sociale.

Come e quando la terapia può aiutare

La fine di una relazione è un evento che modifica profondamente la vita, poiché vengono meno aspettative, abitudini e sicurezze. Quanto evidenziato fino ad ora rappresenta una descrizione di cosa accade nelle prime fasi della conclusione di un rapporto sentimentale. E non è detto che questo processo si debba gestire da soli.

In queste situazioni, può essere prezioso l’aiuto di uno psicologo, in grado supportare l’individuo nella gestione dei vissuti di rabbia, dolore, confusione e disorientamento che accompagnano questo momento. Attraverso il percorso psicologico, il paziente potrà comprendere come una perdita dolorosamente vissuta e profondamente elaborata può creare le condizioni per il riconoscimento della stima in sé stessi.

Gestire la conclusione di una relazione implica la messa in discussione di aspetti fondanti di sé, del proprio percorso di vita, delle proprie scelte personali, della fiducia in sé stessi e negli altri. Ed è proprio attraverso la sperimentazione di una relazione terapeutica efficace che è possibile tornare a sperimentare fiducia in sé stessi e fiducia relazionale.

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Bibliografia

Holmes, T.H., Rahe, R.H. (1967), The social readjustment rating scale, Journal of Psychosomatic Research, 11, 213-218.

Kross, E., Berman, M., Mischel, W., Smith, E., Wager, T. (2011), Social rejection shares somatosensory representations with physical pain, Proceedings Of The National Academy Of Sciences, 108(15), 6270-6275.

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