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- Il pensiero laterale: cos’è e come svilupparlo
Quante volte durante la nostra vita ci siamo ritrovati incastrati in uno schema di pensiero fisso, cercando imperterriti di trovare una soluzione a un problema da cui non riusciamo a venire a capo? Quante volte abbiamo dato per scontato che per risolvere quel rompicapo, che ci sembrava irrisolvibile, l’unica via possibile fosse quella di percorrere e ripercorrere quello stesso modo di ragionare e di pensare che, al contempo, ci bloccava?
Ebbene, secondo Edward De Bono (psicologo maltese, nonché massimo esponente della ricerca del pensiero creativo e ideatore dello stesso “pensiero laterale”), a volte, il vero ostacolo che ci separa dalla risoluzione del problema risiede non nel problema stesso, ma nella modalità di ragionamento che utilizziamo.
Secondo lo psicologo di Malta, infatti, quando affrontiamo una difficoltà, facciamo spesso ricorso a uno schema di pensiero di tipo “verticale”, il quale segue un percorso logico e lineare e prevede una soluzione diretta al problema. E se in vari casi questo percorso risulta funzionare, in altri, invece, si rivela inefficace, portandoci a uno stallo da cui sembra impossibile uscire. Da qui, pertanto, nasce l’idea di un percorso e un metodo di ragionamento alternativo, ribattezzato dal suo ideatore con l’appellativo di “pensiero laterale”, che analizzeremo all’interno di questo articolo.
Pensiero laterale e pensiero verticale
Come già accennato, uno dei modi più tradizionali e comuni di ragionamento logico è il cosiddetto “pensiero verticale”, il quale segue un percorso lineare e sequenziale, basato su fatti, dati e analisi sistematica. Nello specifico, esso si configura come un metodo di risoluzione dei problemi che si focalizza sulla deduzione e sull’applicazione di regole preesistenti.
Ne è un esempio il processo che sottostà alla diagnosi medica, per cui il clinico, il cui obiettivo è quello di identificare la patologia da cui è affetto il paziente, raccoglie dati attraverso esami fisici, anamnesi e test diagnostici seguendo un percorso logico, per escludere diagnosi meno probabili e arrivare infine a quella più probabile. Altri esempi in quest’ottica sono la progettazione ingegneristica, i processi giudiziari, e la pianificazione aziendale.
In tal senso, si può affermare come il pensiero verticale sia sicuramente, in molti casi, un metodo efficace di risoluzione di problemi logici, poiché agisce in maniera diretta e rifacendosi all’esperienza e alle competenze acquisite. Al contempo, però, per alcuni problemi complessi, se non affiancato a strategie di pensiero alternative, il pensiero verticale può risultare non solo inefficace ma anche controproduttivo, portandoci ad affrontare la questione da un’unica prospettiva e ingabbiandoci in un circolo vizioso fatto di pensieri statici e ripetitivi. Da qui nasce la necessità, in molti casi, di sostituire o affiancare al pensiero verticale un ragionamento di tipo “laterale”. Secondo le parole dello stesso De Bono, questo si definisce come la capacità di cambiare prospettiva e di affrontare le varie situazioni che ci troviamo davanti da angolazioni diverse, implicando la ristrutturazione delle informazioni disponibili e la loro combinazione in modi nuovi.
Ricorrendo alla creatività e al ragionamento intuitivo, il pensiero verticale cerca quindi di scardinare tutte quelle convinzioni logiche che in alcuni casi risultano essere il principale ostacolo alla risoluzione di un problema, trovando metodi e percorsi alternativi per arrivare a soluzioni innovative.
Esempi di applicazione del pensiero laterale
Per provare a capire nel concreto cosa significa ricorrere al pensiero laterale per uscire fuori dagli schemi tradizionali di ragionamento, andando oltre le evidenze più immediate del pensiero lineare, al fine di trovare soluzioni creative, riportiamo di seguito tre tra i più famosi esempi di utilizzo di tale metodo di ragionamento alternativo e “divergente”.
1. Rompicapo dell’elettricista pigro e dei tre interruttori
Ci sono tre interruttori in una stanza e una lampadina in un’altra stanza. Solo uno degli interruttori accende la lampadina, ma non posso vedere la lampadina dalla stanza degli interruttori. Posso inoltre entrare nella stanza con la lampadina solo una volta per verificare se è accesa. Come faccio a determinare quale interruttore accende la lampadina?
Soluzione
- Accendo il primo interruttore e lo lascio acceso per un tempo sufficiente affinché la lampadina si riscaldi (diciamo per 5 minuti).
- Spengo il primo interruttore e accendo il secondo interruttore.
- Lascio il terzo interruttore spento.
- Vado nella stanza con la lampadina.
Analisi e Risultato
- Se la lampadina è accesa, il secondo interruttore è quello giusto.
- Se la lampadina è spenta ma calda, il primo interruttore è quello giusto (perché è stata accesa abbastanza a lungo da riscaldarsi, ma è stata spenta prima di entrare nella stanza).
- Se la lampadina è spenta e fredda, il terzo interruttore è quello giusto (poiché non è mai stata accesa).
È possibile notare come il ricorso a un ragionamento di tipo verticale, basato su un approccio diretto al problema, non avrebbe portato ad alcuna soluzione: da un punto di vista puramente logico, infatti, una lampadina può essere solamente accesa o spenta, e quindi essere in uno di due stati possibili. L’unico modo per risolverlo è stato quello di andare oltre il risultato visibile, evidente e immediatamente logico (la luce accesa o spenta), cambiando radicalmente prospettiva e prendendo in considerazione un risultato invisibile ma rilevabile (la temperatura della lampadina).
In quest’ottica, il fatto stesso di aver considerato un’ulteriore condizione fisica parallela, ovvero la proprietà della lampadina (il fatto che si riscaldi quando è accesa) non direttamente collegata alla sua funzione principale (emissione di luce), si è rivelato quel passo necessario per uscire fuori dagli schemi del pensiero convenzionale e verticale (il quale si sarebbe concentrato solo sull’accensione e spegnimento della luce) e andare verso un pensiero intuitivo laterale dimostratosi indispensabile per risolvere il rompicapo.
2. Enigma dell’arancia avvelenata
Due amici vanno in un ristorante e ordinano entrambi un bicchiere di aranciata. Uno dei due lo beve molto velocemente e ne ordina un altro, mentre l’altro amico lo beve lentamente. Dopo un po’ di tempo, la persona che ha bevuto lentamente muore avvelenata, mentre l’altro rimane illeso. Come è possibile che solo uno dei due sia stato avvelenato, considerando che entrambi hanno bevuto la stessa aranciata?
Soluzione
- Il veleno era nel ghiaccio e non nell’aranciata.
- Chi ha bevuto velocemente ha ingerito l’aranciata prima che il ghiaccio si sciogliesse e quindi non è stata avvelenata.
- Chi ha bevuto lentamente ha dato il tempo al ghiaccio di sciogliersi, rilasciando il veleno nella bevanda e ingerendolo.
Al pari del primo rompicapo, anche in questo caso, per arrivare alla soluzione, è stato quindi necessario cambiare prospettiva e pensare “lateralmente”, mettendo in discussione quelle che potevano sembrare le osservazioni più logiche, nonché quelle più superficiali (come l’idea che il veleno dovesse essere già presente nella bevanda), e considerando fattori terzi e dettagli spesso trascurati (il fattore temporale di aver bevuto velocemente o lentamente l’aranciata).
Naturalmente, allo stesso modo del ragionamento verticale, anche il pensiero laterale non viene utilizzato solo per risolvere rompicapi a prima vista irrisolvibili, ma trova una sua applicazione pratica in una vasta gamma di contesti, dalle aziende alle scuole, passando per la vita personale. È il caso dell’invenzione dei Post-it, considerato forse uno degli esempi di maggiore successo di applicazione del pensiero laterale in ambito aziendale e imprenditoriale.
3. L’Invenzione del Post-it
Negli anni Sessanta, Spencer Silver, un ricercatore della 3M, stava lavorando su adesivi super forti. Durante i suoi esperimenti, scoprì accidentalmente un adesivo che era, al contrario, molto debole. Questa colla aveva però una caratteristica tutta sua rispetto ad altri adesivi: essa non sporcava, e si attaccava e staccava su qualsiasi superfice senza lasciare residui. Fu così che, qualche anno più tardi, Arthur Fry, un collega di Spencer, riflettendo “lateralmente” su quell’idea che all’inizio era parsa fallimentare, riprese il progetto in mano e creò quelli che ancora oggi conosciamo con il nome di “Post-it”. Nello specifico, l’idea finale nacque da uno stimolo esterno causale, tipico di un ragionamento di tipo laterale: Fry cantava infatti nel coro della chiesa, e necessitando di segnalibri che non scivolassero via dai suoi testi, pensò di applicare l’adesivo ideato da Silver sul retro di piccoli foglietti di carta. Da lì a poco, grazie alla sua grande praticità, il Post-it si diffuse rapidamente prima nella stessa azienda, e poi sul mercato nazionale e internazionale, raggiungendo in poco tempo il successo che ancora oggi detiene.
Tecniche per sviluppare il pensiero laterale
Com’è risaputo, per sviluppare il pensiero laterale esistono diverse tecniche ed esercizi e lo stesso Edward De Bono, nel suo famoso articolo “Information Processing and New Ideas – Lateral and Vertical Thinking”, individua diverse tappe generali per arrivare a ragionare “lateralmente”.
- Consapevolezza: spesso, le persone si trovano intrappolate in modi di pensare rigidi e convenzionali senza rendersene conto; il primo passo per sviluppare il pensiero laterale e andare oltre questi confini prestabiliti è allora quello di riconoscere i propri schemi e le proprie abitudini mentali, per essere consapevoli dei propri limiti e superarli.
- Considerare le alternative: un altro elemento cruciale del pensiero laterale è la capacità di esplorare e considerare alternative diverse dalle soluzioni più ovvie; questo implica non fermarsi alla prima soluzione che viene in mente, ma cercare almeno tre o quattro alternative, per quanto inusuali possano sembrare.
- Alterare gli elementi posseduti: questo principio implica modificare la disposizione o la combinazione degli elementi esistenti per vedere se emergono nuove possibilità; lo stesso cambio di prospettiva potrebbe infatti portare alla soluzione del problema.
- Fare attenzione al caso: le coincidenze possono essere fonti di idee creative (come dimostrato per l’invenzione dei Post-it) e fare attenzione al caso implica pertanto accogliere l’imprevisto considerando gli eventi casuali e le coincidenze come opportunità per nuove idee.
- Allenare la curiosità: la curiosità si rivela un altro elemento fondamentale per sviluppare il pensiero laterale, poiché spinge a esplorare e a chiedersi “perché” e “come” riguardo a tutto ciò che ci circonda; in questo senso, è importate espandere le proprie conoscenze e i propri interessi, al fine di stimolare la mente e guardare alle diverse situazioni da angolazioni differenti.
Tra le strategie, considerate invece come più specifiche per potenziare il pensiero laterale, figurano:
- il Brainstorming, una tecnica classica che incoraggia la libera associazione di idee; durante una sessione di brainstorming, tutte le idee sono accettate senza giudizio, favorendo un ambiente di creatività aperta;
- il Six Thinking Hats, introdotta da de Bono, è una tecnica che assegna sei “cappelli” metaforici, ciascuno rappresentante un diverso stile di pensiero (logico, creativo, emotivo, ecc.) e che aiuta a esplorare un problema da molteplici prospettive;
- il Reversal, che consiste nell’invertire i componenti di un problema per vedere cosa succede; ad esempio, se il problema è “come aumentare le vendite”, la domanda invertita potrebbe essere “come ridurre le vendite”, portando a nuove intuizioni;
- le Provocative Questions, cioè porre domande provocatorie che sfidano lo status quo, quali “E se non ci fossero limiti di budget?” o “Cosa farebbe un bambino di cinque anni?”.
In sintesi, il pensiero laterale si configura come un metodo non convenzionale e alternativo di ragionare e di trovare soluzione ai problemi, che siano rompicapi o situazioni relative ai diversi ambiti della vita, dal lavoro alla vita personale. Pensare lateralmente significa allora chiamare in causa creatività, immaginazione e fantasia nell’ottica del problem solving, al fine di superare possibili bias cognitivi che non permettono al pensiero di fluire in modo diverso. Esso può inoltre rivestire un ruolo cruciale nell’innovazione, nella gestione del cambiamento, nella pianificazione strategica, nonché nella gestione dei conflitti, consentendo un’esplorazione libera e senza vincoli delle potenziali soluzioni.
A tal riguardo, è importante considerare che un modo di pensare non esclude l’altro, e che lo stesso pensiero laterale acquisisce ulteriore efficacia, in molti casi, se affiancato al pensiero logico verticale. Si può, quindi, parlare, in questo senso, di una dualità di base del pensiero umano, e di un equilibrio di fondo, da ricercare ogni giorno, tra il ragionamento logico e razionale e la riflessione creativa e divergente.
Contributo a cura di Eugenio Gurnari
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Bibliografia
Edward de Bono, Il pensiero laterale, Rizzoli, 1995.
Edward de Bono, Sei cappelli per Pensare, Rizzoli, 1999.
Edward de Bono, Creatività e pensiero laterale, Rizzoli, 2001.
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