Il rimuginio: da cosa dipende e come ridurlo

La mente dell’essere umano è costantemente impegnata in una serie di fenomeni che rientrano sotto la definizione generale di pensiero: ragionare, riflettere, fantasticare, ricordare sono tutti processi della stessa attività mentale, il pensiero, che permette a ciascuno di noi di essere in comunicazione con il mondo esterno, con sé stessi e con gli altri, nonché di costruire ipotesi sul mondo e sul nostro modo di pensarlo. Negli anni, numerosi studiosi hanno avanzato l’ipotesi secondo la quale il modo in cui viviamo è strettamente dipendente dal modo in cui pensiamo. Ma se la nostra attività mentale fosse principalmente caratterizzata dalla preoccupazione, che effetto avrebbe questa modalità di pensiero sulla nostra vita?

A tutti noi sarà capitato di avere un pensiero fisso a carattere negativo e pervasivo, in grado di occultare tutto ciò che generalmente occupa la nostra mente: quel pensiero fisso è il rimuginio, una precisa attività mentale che, in alcuni casi, può essere molto più frequente del normale e avere effetti a cascata su tutte le attività della nostra vita. Proviamo a ripensare allo stato d’animo che ne consegue e scopriamo insieme come viene spiegato il rimuginio, quali sono le cause e quali le soluzioni che la psicoterapia ha trovato per affrontarlo.

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Cos’è il rimuginio

Il rimuginio è una delle manifestazioni più comuni della mente umana. Viene definito come un processo mentale caratterizzato da una serie di pensieri (espressi sotto forma di preoccupazione) ripetitivi e intrusivi su questioni negative o stressanti. Può manifestarsi in molteplici forme, focalizzandosi su eventi passati, preoccupazioni future o problematiche personali attuali, e può riguardare un singolo pensiero o presentarsi come una serie di pensieri correlati che si ripetono ciclicamente nella mente dell’individuo.

Più specificatamente, il rimuginio costituisce una forma di pensiero di tipo verbale e astratto, privo di dettagli e seguito, in molti casi, dalla focalizzazione visiva di immagini relative ai possibili scenari individuati come pericolosi. Ha caratteristiche di ripetitività, incontrollabilità e intrusività e il contenuto di questi pensieri è di tipo catastrofico. Si tratta quindi di una modalità incessante, ripetitiva e negativa, che può presentarsi con caratteristiche differenti permettendoci di distinguere tre categorie generali di rimuginio:

  • il rimuginio ansioso, caratterizzato da preoccupazioni e incertezze rispetto eventi futuri anche solo ipotizzabili;
  • la ruminazione rabbiosa, che comporta continue riesamine di eventi passati in cui si ritiene di avere subìto un’ingiustizia, cercando di identificare colpe altrui o proprie;
  • il rimuginio desiderante, di chi pensa costantemente a ciò che si vorrebbe avere, cercando di anticipare la gratificazione.

Quando il rimuginio è fisiologico e quando è problematico

Sebbene una certa quantità di rimuginio possa essere considerata una risposta naturale e adattativa a situazioni stressanti o incerte, il suo eccesso può diventare dannoso per il benessere psicologico.  Generalmente, ogni essere umano rimugina quando nella sua vita occorrono situazioni stressanti, che richiedono la risoluzione di un problema, o di fronte all’incertezza del futuro: può essere, quindi, uno strumento di problem solving o una preparazione mentale necessaria a figurare possibili scenari futuri. Il rimuginio, dunque, è utilizzato dall’individuo come modalità di fronteggiamento della situazione temuta, allo scopo di prevenirla e controllarla.

In alcuni individui, però, diventa persistente, incontrollabile e può contribuire allo sviluppo di disturbi psicopatologici. In particolare, il rimuginio può assumere una rilevanza clinica quando assume precise caratteristiche che lo rendono stabile: pervasività e incontrollabilità. Il rimuginio diventa pervasivo quando occupa una quantità di tempo significativa nell’arco della giornata provocando un grande dispendio di energia; l’incontrollabilità si riferisce invece all’incapacità dell’individuo di spostare il focus dei pensieri su qualcos’altro, poiché il pensiero ricorrente diventa ingestibile. Spesso, il rimuginio è un sintomo che può essere riscontrato nei disturbi d’ansia, nei disturbi alimentari, nella depressione e in alcuni disturbi di personalità.

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Da cosa dipende il rimuginio

Quindi, il rimuginio è una strategia che l’individuo adotta quando si trova in situazioni pericolose e incerte, ansiogene e per questo difficili da gestire: l’individuo che rimugina ha costantemente paura che possa avverarsi il peggiore scenario e questa preoccupazione perenne impedisce la valutazione di possibili alternative per gestire l’opzione temuta. Paradossalmente, all’individuo il rimuginio sembra la soluzione al suo problema: spesso la persona attribuisce valori positivi a questa attività persistente, perché rimuginare dà la sensazione di prepararsi al peggio e di poter controllare l’evento temuto.

Tutto questo rinforza il rimuginio; allo stesso tempo, rimuginare è un’attività che alla lunga comporta un’autopercezione fatta di elementi di insicurezza e paura, sensazioni che vengono colmate in modo illusorio dalla stessa attività di rimuginazione. Quando le conseguenze temute non vengono riscontrate, l’attività di rimuginio viene fortemente rinforzata, perché l’individuo ha l’illusione di credere che lo scampato pericolo dipenda dal suo eccessivo pensare al problema. Tutto questo aumenta la possibilità che si presenti in maniera più frequente, fino alla completa cronicizzazione, con le conseguenze di disfunzionalità che si riversano nella vita quotidiana.

Questi meccanismi non si innescano in tutti gli individui: la possibilità di sviluppare un rimuginio “clinico” dipende da varie cause, come fattori genetici, esperienze di vita (soprattutto quelle più emotivamente traumatiche o stressanti) e fattori di personalità internalizzanti.

Come ridurre il rimuginio

Nonostante questi fattori possano comportare un aumento delle possibilità di cronicizzare questa modalità di pensiero, esistono molte strategie per ridurre il rimuginio, comportando un aumento del benessere psicologico complessivo. Ogni approccio psicoterapeutico ha i suoi strumenti specifici.

In generale, la psicoterapia tende a lavorare affinché il soggetto comprenda gli effetti negativi, suggerendo interventi che permettano all’individuo di migliorare la gestione dell’attenzione al momento presente. Ad esempio, la terapia cognitivo-comportamentale mira a identificare le credenze disfunzionali associate al rimuginio e ai pensieri negativi, cercando di eliminare il ciclo auto-alimentante spiegato in precedenza: uno strumento molto utile è la pratica della mindfulness, che permette all’individuo di vivere il momento presente con completa consapevolezza, impedendo di rifuggire in pensieri ricorrenti.

Inoltre, esistono esercizi sull’attenzione che possono rivelarsi molto utili: l’allenamento alla pratica di tali esercizi può aumentare le abilità del soggetto a evadere dai momenti di rimuginio. Infine, un monitoraggio degli stili di vita può comportare un significativo miglioramento: attività fisica regolare, una dieta equilibrata e un buon ritmo circadiano possono ridurre lo stress e la tensione spesso associati al rimuginio.

In conclusione, il rimuginio rappresenta un fenomeno complesso, che può influenzare profondamente la vita di un individuo. Sebbene sia naturale e normale in certe circostanze, se eccessivo può diventare dannoso per la salute mentale e il benessere psicologico. È importante riconoscere quando diventa problematico e adottare strategie efficaci per gestirlo. Ridurre il rimuginio può favorire una maggiore serenità mentale, migliorare la qualità della vita e promuovere una visione più positiva del futuro.

Uno psicologo può aiutarti a stare meglio

Se il rimuginio eccessivo mette in pericolo la tua serenità e la qualità delle tue giornate, iniziare un percorso di psicoterapia può essere un primo passo importante verso il tuo benessere.

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