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- Che cos’è la terapia cognitivo comportamentale
La terapia cognitivo comportamentale è solo uno degli approcci terapeutici possibili, che si adattano a diverse esigenze del paziente e del professionista. La differenza tra gli approcci e, addirittura, tra i ruoli di psicologo e psicoterapeuta sono ancora sconosciuti a gran parte della popolazione, motivo per cui approfondiremo diversi aspetti, per rendere i pazienti – e i potenziali tali – più consapevoli nella scelta del proprio percorso di terapia.
Facciamo chiarezza
Se nella popolazione generale persistono ancora dubbi sulle differenze tra psicologo e psicoterapeuta, le diverse tipologie di psicoterapia sono un fattore totalmente sconosciuto ai più, e difficilmente viene scelto il proprio terapeuta in base al suo approccio.
Ogni psicologo abilitato può praticare psicoterapia solo se consegue un diploma presso una Scuola di specializzazione dalla durata di 4 anni, durata notevole se si considerano anche i 5 anni universitari e 1 anno di tirocinio per poter accedere all’abilitazione (ecco perché bisogna stare attenti a dire “Sono anche io un po’ psicologo”). Ogni Scuola di specializzazione ha un approccio differente, con metodi, tempi e tecniche di intervento molto diversi tra loro, e ogni futuro terapeuta sceglie accuratamente il tipo di terapia che sente più affine. Allo stesso modo, anche ogni paziente dovrebbe scegliere il proprio terapeuta in base all’approccio che utilizza. È dunque importante conoscere a grandi linee le differenze tra i vari modelli, ricordando che questi approcci si sono influenzati reciprocamente nella storia delle scienze psicologiche.
L‘origine della terapia cognitivo comportamentale
L’approccio cognitivo comportamentale è spesso riassunto con la sigla CBT, che sta per Cognitive Behavioral Therapy. Questo modello di psicoterapia nasce proprio dall’influenza e la successiva fusione di due stili distinti: l’approccio comportamentista, nato negli anni Cinquanta, che si prefiggeva di studiare esclusivamente i fenomeni osservabili dell’essere umano (vale a dire i comportamenti dell’individuo), lasciando fuori gli elementi interni (cognitivi ed emozionali); e il modello cognitivo, che invece riporta il focus su pensieri ed emozioni e sul modo in cui essi influenzano i comportamenti e i vissuti individuali.
Alla sua nascita, l’approccio comportamentista ha avuto il grande merito di fornire per la prima volta una base scientifica alla psicologia (poiché lo studio dei fenomeni comportamentali permetteva l’applicazione del metodo scientifico); ma rimanevano esclusi i processi di pensiero e i contenuti emotivi, in realtà fondamentali nello studio della mente umana. Grazie ai brillanti autori del cognitivismo, questi elementi sono stati rimessi al centro, e per la prima volta studiati al pari dei comportamenti, cioè secondo le regole del metodo scientifico.
Questi due approcci, apparentemente opposti, sono convogliati nella terapia più utilizzata al giorno d’oggi. L’approccio cognitivo comportamentale si propone degli obiettivi generali che persegue attraverso tecniche applicabili in diversa maniera, a seconda della diagnosi e della tipologia di paziente: in generale, mira a individuare e migliorare le strutture di pensiero distorte, con un conseguente cambiamento degli schemi emozionali e comportamentali disfunzionali correlati, con lo scopo di produrre un miglioramento che si mantenga nel tempo. In una terapia cognitivo comportamentale, terapeuta e paziente stabiliscono insieme gli obiettivi da raggiungere: in questo modo, il paziente prende consapevolezza sui propri processi interni e sul lavoro che verrà svolto, guadagnando un ruolo attivo nella relazione terapeutica, e sarà guidato dal terapeuta, cioè l’esperto in grado di utilizzare le strategie cognitive e le tecniche comportamentali (spesso mescolate insieme).
Cosa cura la terapia cognitivo comportamentale
Ad oggi, la terapia cognitivo comportamentale è il trattamento d’eccellenza per moltissimi disturbi psicopatologici. Si tratta di una terapia direttiva adatta al trattamento individuale, di coppia e in gruppo. Secondo i più recenti studi di meta-analisi, volti a identificare quale trattamento risulti essere più efficace nella psicopatologia, la terapia cognitivo comportamentale si classifica al primo posto, soprattutto per il trattamento dei disturbi di ansia e depressione. In particolare, l’efficacia del trattamento cognitivo comportamentale è maggiore per depressione, ansia, disturbo post-traumatico da stress, disturbi da tic, disturbo da uso di sostanze e disturbi alimentari: nelle forme più gravi di questi disturbi, alcune ricerche suggeriscono che l’efficacia della CBT è maggiore se combinata con la farmacologia. La CBT è raccomandata come prima linea di trattamento anche per i disturbi psicologici nei soggetti non adulti (bambini e adolescenti), soprattutto per i cosiddetti disturbi esternalizzanti (nei quali, cioè, la manifestazione del disturbo è proiettata all’esterno dell’individuo, spesso con comportamenti aggressivi o distruttivi), come il disturbo della condotta o il disturbo oppositivo-provocatorio.
Terapia cognitivo comportamentale per i disturbi d’ansia
Nel trattamento di pazienti con disturbi d’ansia, vengono messe in atto due principali tecniche che mirano a modificare le interpretazioni cognitive disfunzionali di questi individui.
La prima tecnica è la ristrutturazione cognitiva, che mira a identificare e modificare (o appunto a ristrutturare) i pensieri e i processi cognitivi alla base dell’ansia, attraverso il dialogo: il terapeuta tenta di invalidare l’irrazionalità del paziente, permettendogli di riconsiderare le proprie credenze. Prima di questo lavoro è però necessario educare il paziente a conoscere i suoi meccanismi interni e il modo in cui le sue percezioni mantengono il disturbo.
Segue la seconda tecnica, quella dell’esposizione, che consiste in un graduale avvicinamento del paziente all’elemento che elicita ansia: gli individui con disturbi d’ansia tendono a evitare sistematicamente le situazioni e gli stimoli temuti; sebbene questo evitamento abbia l’effetto immediato di ridurre l’ansia, a lungo andare non fa che rinforzarla, dando allo stimolo ansiogeno un potere sempre maggiore. Ecco quindi che, attraverso l’esposizione, si cerca di rompere le convinzioni erronee circa l’oggetto temuto, avvinando gradualmente il paziente alle situazioni ansiogene, dimostrandogli che la paura non è necessaria.
Terapia cognitivo comportamentale per la depressione
Per quanto riguarda il trattamento della depressione, la terapia cognitivo-comportamentale è la più utilizzata e studiata, con un’efficacia simile agli antidepressivi nel breve periodo e anche maggiore nei follow-up (cioè nelle fasi di controllo successive al trattamento).
In particolare, la CBT ha come focus terapeutico i problemi e le risorse che il paziente mostra nel qui e ora, quindi nel momento in cui inizia il percorso. Diventa, dunque, meno rilevante l’attenzione alla storia di vita del paziente e alle tappe che possano aver fatto sviluppare un apprendimento per le credenze patogene, che hanno portato allo sviluppo e al mantenimento del disturbo. In particolare, il terapeuta aiuta il paziente con depressione a modificare il suo atteggiamento riconoscendo gli schemi di pensiero negativi, per rimpiazzarli con processi più efficaci.
Il primo passo di questo complesso processo è la riduzione dei sintomi acuti: generalmente viene assegnato al paziente un diario settimanale delle attività, grazie al quale è possibile monitorare e rendere attivo l’individuo con depressione, aumentandone l’autoefficacia (grazie anche all’assegnazione graduale di compiti a casa). Man mano che il livello affettivo del paziente mostra miglioramenti, si inizia a lavorare sui pensieri automatici negativi e sulle credenze che mantengono il disturbo: le tecniche più utilizzate sono l’auto-osservazione, la registrazione dei pensieri e la ristrutturazione cognitiva. Quando i sintomi acuti sono notevolmente ridotti, è possibile lavorare in modo più sistematico sulla vulnerabilità al disturbo, concentrandosi maggiormente sul passato del paziente.
Psicoterapia cognitivo comportamentale online
Abbiamo dimostrato ampiamente l’importante ruolo della terapia cognitivo comportamentale nella cura dei disturbi psicopatologici. Ma la sua efficacia è dimostrata anche online? La domanda è lecita, soprattutto al giorno d’oggi, dopo che la pandemia ha fatto riscoprire il potente mezzo della comunicazione a distanza. Fortunatamente, la terapia cognitivo comportamentale (così come altre forme di psicoterapia) ha dimostrato una buona efficacia anche nella pratica online, evidenziata da studi scientifici europei di grande portata.
La modalità online della terapia cognitivo comportamentale offre le stesse tappe fondamentali delle normali terapie effettuate in studio:
- il primo colloquio, fondamentale per la creazione di una buona relazione terapeutica;
- una fase di valutazione, nella quale il terapeuta raccoglie informazioni utili al percorso;
- sedute settimanali online, con un lavoro specifico sulle problematiche presentate, nel tentativo di raggiungere gli obiettivi concordati;
- eventuali follow-up alla fine del trattamento, con un massimo di tre incontri cadenzati a distanza di uno, tre o sei mesi.
Effettuare sedute online può comportare vantaggi importanti: il paziente si sente al sicuro nel proprio spazio e, quindi, più libero di esprimersi e aprirsi. Inoltre, la privacy è tutelata maggiormente, perché il paziente non deve necessariamente chiedere permessi a lavoro, né dover giustificare dove si sta recando; infine, a livello economico si mostrano vantaggi generali notevoli, poiché il costo delle sedute è nettamente inferiore. Decisamente buoni motivi per intraprendere un percorso terapeutico online.
Sebbene questo articolo abbia avuto come focus principale il modello cognitivo comportamentale, è importante sottolineare ancora una volta che ogni terapia ha una modalità di procedere che si adatta in maniera diversa a ognuno di noi: non necessariamente il trattamento d’élite per un determinato disturbo è effettivamente il migliore per tutti i pazienti con quelle problematiche. È bene, dunque, effettuare una ricerca corretta e non bisogna demoralizzarsi se, al primo tentativo, non si riuscisse a trovare la terapia più adatta a sé. D’altronde, la terapia è fatta di relazioni umane e non è sempre facile trovare subito qualcuno con cui entrare in perfetta sintonia. È per questo motivo che il nostro portale ContactU mette a disposizione la possibilità di effettuare un primo colloquio gratuito di 30 minuti con i nostri specialisti: è parte del processo terapeutico creare un legame con l’altro che sia svincolato da obblighi di alcun tipo. Inoltre, ContactU offre un personale molto variegato per formazione: nel portale troverete psicoterapeuti specializzati in tanti metodi terapeutici diversi, incluso l’approccio cognitivo comportamentale. In questo modo, speriamo di offrire la più ampia gamma possibile di specialisti a chi si affaccia al mondo della psicoterapia.
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Bibliografia
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Cognitive-behavioral therapy for adult anxiety disorders: a meta-analysis of randomized placebo-controlled trials; Stefan G Hofmann, Jasper A J Smits (2008)
Come Funziona La Terapia Cognitivo Comportamentale Per L’Ansia? (Camilla Hennig; https://theitalianpsychologyclinic.it/come-funziona-la-terapia-cognitivo-comportamentale-per-lansia – 2018)
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Manuale di Psichiatria, seconda edizione (Balestrieri M., Bellantuono C., Berardi D., Di Giannantonio M., Rigatelli M., Siracusano A., Zoccali R. A., Il Pensiero Scientifico Editore, 2014)
Psicoterapia Cognitiva (Perdighe C., Gragnani A., Raffaello Cortina Editore, 2021)
Reducing relapse and recurrence in unipolar depression: A comparative meta-analysis of cognitive-behavioral therapy’s effects (Vittengl, J. R., Clark, L. A., Dunn, T. W., & Jarrett, R. B.; Journal of Consulting and Clinical Psychology, 2007)
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